Gli Approfondimenti di ExpoNetwork

L’evoluzione del pricing model dell’area espositiva

Scritto da Andrea Piccin | 25-set-2018 7.03.17

Il pricing è uno dei temi chiave dell'organizzazione di una fiera, da esso derivano i ricavi futuri, il budget e soprattutto il valore percepito, su cui un cliente costruirà le sue aspettative di ritorno dell'investimento (ROI). Come viene definito e come si definirà il prezzo di una fiera in futuro?

All’interno di ExpoNetwork Forum 2018, uno dei temi sviluppati ha riguardato “l’evoluzione del pricing model dell’area espositiva”, tema molto caldo se si considera che nella survey condotta post evento i partecipanti hanno valutato 8,5 l’interesse per questa tematica su una scala da 1 a 9.

In un mercato in continuo consolidamento, con sempre più frequenti fusioni ed acquisizioni che riducono il numero di espositori potenziali, una attenta strategia di pricing può avere un impatto estremamente positivo sul conto economico della manifestazione, ma anche sul ROI (Return On Investment) di ciascun espositore.

Vi sono settori nei quali la discriminazione di prezzo ha raggiunto livelli estremi, basti pensare alle tariffe applicate dalle compagnie aeree o dai diversi marketplace online, i quali “adattano” il prezzo in tempo reale a seconda delle caratteristiche e dei comportamenti dei potenziali acquirenti.

La sessione, moderata da Andrea Piccin di GRS, ha visto gli interventi di 3 professionisti del settore con esperienze tra loro complementari: Eyal Knoll (jwc) ha dapprima offerto una panoramica sullo stato attuale dei prezzi (costo a metro quadro) nei diversi mercati; a seguire, Luigi Cuzzolin (Made in Steel) e Claudio Solignani (Veronafiere) hanno offerto il punto di vista rispettivamente di una segreteria organizzativa indipendente e di un ente fiera che organizza ed ospita decine di manifestazioni ogni anno.

L’intervento di Eyal Knoll (jwc) è stato un vero e proprio show (nella Top 3 degli speaker di questa edizione). Si è partiti da una riflessione molto stimolante: gli antichi romani avevano un’unica parola (PRETIUM) per indicare sia “prezzo” che “valore”.

Molto spesso il prezzo viene fissato seguendo 3 logiche:

  1. Meccanica (storico): cosa si è fatto in passato, eventualmente incrementato di una certa percentuale
  2. Costo: si considerano i costi e si applica un markup
  3. Competizione: si osservano le politiche di prezzo della concorrenza e si fissa il prezzo di conseguenza

Una modalità alternativa consiste nell’identificare il valore generato dall’investimento, indipendentemente da ciò che è stato fatto in passato, dai costi diretti ed indiretti, o dalle scelte della concorrenza. Fintanto che il valore generato sarà maggiore del sacrificio richiesto (prezzo da pagare), l’acquirente sarà disposto a comprare.

Su questo punto è importante sottolineare come la “spesa per metro quadro” sia una componente minoritaria (quasi marginale) dell’investimento complessivo per partecipare ad una fiera.

Secondo i dati presentati da jwc

solo il 20-25% del budget di ciascun espositore è destinato all’organizzatore. Il restante 75-80% serve per pagare la costruzione dello stand (25-30%), il proprio staff (15-20%), vitto e alloggio (10-15%), logistica/trasporti ed altre spese (20%).

Sulla base di questi numeri, un aumento del 10% del prezzo a metro quadro avrebbe un impatto sul budget medio di un espositore inferiore al 3%.

Due leve utilizzabili per la discriminazione di prezzo sono la posizione all’interno dell’area espositiva ed il numero di lati aperti dello stand. Focalizzando l’attenzione sul secondo punto, è diffusa l’opinione secondo la quale all’aumentare del numero di lati aperti debba aumentare il valore per metro quadro dello stand. Ma è davvero corretto?

Secondo Eyal Knoll non è sempre così. Si tratta di un errore di interpretazione: il prezzo di uno stand con più lati aperti è maggiore non tanto perché genera maggiori benefici, quanto per la “perdita” di superficie netta vendibile. Se tutti gli stand fossero delle isole (4 lati aperti) la superficie netta per padiglione sarebbe di gran lunga inferiore rispetto ad un layout con prevalenza di stand con 1 o 2 lati aperti. Questo approccio rispecchia la logica presentata in precedenza del fissare il prezzo partendo dal costo, non dal valore.

La cosa più sorprendente è che non sembra esserci un rapporto univoco tra il numero di lati aperti ed il valore generato. Il valore sembra piuttosto variare in funzione della dimensione dello stand. Le aziende che acquistano grandi superfici vedono massimizzato il valore percepito con stand a penisola o isola (3 o 4 lati aperti), mentre nel caso di dimensioni medie sembra essere preferibile la soluzione con 2 o 3 lati aperti, e per stand di piccole dimensioni anche un solo lato aperto può essere soddisfacente.

È quindi molto interessante evidenziare come una corretta politica di prezzo abbia un triplice effetto positivo:

  1. Migliora la performance economica e la crescita
  2. Garantisce sostenibilità al business nel medio/lungo periodo
  3. Aumenta la soddisfazione degli espositori